U13: Luci dell’aurora, luci del tramonto. Aurora-Basketown 27-58

LUCI DELL’AURORA, LUCI DEL TRAMONTO

“Le luci dell’Aurora, talvolta, assumono forme suggestive…” scrive Paolo Martino, titolo o didascalia della sua nuova opera di grafica digitale, tanto da indurre – dico io – un fenomeno di fascinazione collettiva nel pubblico che domenica sera in via Faravelli a Milano assiste all’incontro di pallacanestro tra la squadra di casa e Basketown.

Poeticamente interpretate dal nostro graphic designer come spettacolari aurore boreali, le più prosaiche luci della palestra dell’Oratorio intitolato a sant’Ildefonso Schuster arcivescovo di Milano e Cardinale dal 15 luglio 1929 al 30 agosto 1954, data della morte, (da non confondere con sant’Ildefonso da Toledo vissuto per l’appunto a Toledo dal 607 al 667, e neppure con Oskar Schuster al quale, che io sappia non è intitolata nessuna chiesa bensì il famoso Canalone Omicida sul Monte Popera percorso per la prima volta nel luglio del 1893, all’età di trent’anni, da Christian Friedrich Oskar Schuster alpinista, medico e scrittore tedesco, e da me medesimo alla stessa età cent’anni dopo), dunque, perdonate la divagazione, dicevo che le luci della palestra di via Faravelli risultano al pubblico ospite addirittura ipnotiche, così da convincerci, già dalle prime arrembanti discese di Giogi (5 punti) e compagni, che stiamo assistendo a una tempesta magnetica di rara intensità. Sul 4-0 per noi, già qualcuno pronostica una partita facile, facile.

Le cose, invece, non vanno proprio così, almeno, non subito. Vero è che dal 4-0 ci portiamo sul 7-3 prima, e sul 11-6 poi, ma lì i nostri si fermano inanellando una serie di errori di gioco, risultando peraltro le loro azioni piuttosto fallose. O, forse, ingannato dalle luci, l’arbitro in preda a visioni monocromatiche continua a fischiare falli ai rossi (otto o nove, addirittura!) e nessuno ai blu. Ottime le percentuali dalla lunetta dei giocatori di casa tanto che alla prima sirena le due squadre sono in perfetta parità, 11 – 11.
La partita vera si gioca nei due quarti centrali.

Nicocarbone (16pt da Referto Ufficiale, 18pt secondo il Tavolo Ombra) la fa da padrone ma, senza nulla togliere all’evidenza dei fatti, mi spingo a dire che non sempre la chiave di una partita è solamente nelle mani del miglior realizzatore. Due nomi affiancherei a quello di Nicocarbone: Tommy (10pt) e Seba (4pt). Entrambi praticano un basket di rapina; anticipi, interdizioni, recuperi, strappi di palla.

Altri hanno visione di gioco e senso tattico, Tommi e Seba hanno istinto e rapidità; c’è chi gioca efficacemente sull’uomo, loro giocano concentrati sulla palla. Non solo li trovi lì dov’è la palla, trovi la loro mano dov’è la palla un’attimo prima che la tocchi l’avversario. Tommy è il combattente che conosciamo. Il suo stile di gioco lo espone a essere sanzionato per i falli commessi (nessuno da referto ufficiale (!) almeno un paio secondo il Tavolo Ombra), anche quelli veniali che sta alla sensibilità dell’arbitro rilevare o meno. Egualmente, questo modo di giocare lo espone a subire frequenti infrazioni commesse da avversari meno rapidi e in affanno.
L’apporto di Seba alla svolta della partita è altrettanto importante. La sua vitalità sembra imporsi sulle difficoltà e sui colpi bassi che gli avversari (e la vita) immancabilmente dispensano a chi è un passo avanti. Sul suo tabellino pendono 4 falli ma io sospetto che gliene siano stati attribuiti almeno un paio commessi da altri compagni. Dettagli, direte voi. Forse, ma in partita come nella vita non è privo di conseguenze il portare sulle proprie spalle pesi altrui.
Spalle leggere, invece, per altri due protagonisti della partita: Capitan Uri (11pt) e Marcello (6pt da referto ufficiale). Se alle movenze di Marcello associo il volo dell’Airone, Uri mi evoca l’immagine del Psophia Linnaeus, detto il Trombettiere, un simpatico volatile della famiglia dei gruidi che fa ondeggiare il lungo collo prima di protenderlo in avanti per partire a tutta velocità. Il solo movimento è uno squillo di tromba che incita la squadra all’attacco.
Non solo, vederlo fintare e controfintare, ondeggiando come un rock-‘n-roller
degli anni Sessanta, fino a far ubriacare l’avversario, mi fa tornare in mente la descrizione di una partitella il cui protagonista è nientemeno che Bob Dylan: “La nostra dipendenza comune all’epoca era giocare a basket. Abbiamo giocato a basket e abbiamo giocato ogni volta che ne abbiamo avuto la possibilità. Abbiamo trovato un campetto da basket in ogni città in cui siamo stati in tournée, abbiamo suonato all’Hollywood YMCA con attori e musicisti e abbiamo giocato una serie di partite di beneficenza con Marvin Gaye e i Jackson Five (meno Michael). Ho fatto montare un canestro sopra il garage e abbiamo fatto partite molto divertenti a 21 su quel campo. Abbiamo anche giocato con Bob Dylan. Parliamo di leggende! Bob Dylan ha scritto e registrato tante canzoni storiche e significative che incarnavano l’anima dell’America, giusta e forte. Bob aveva un buon tiro in sospensione e alcune mosse piuttosto buone, ma quando ha provato a superarmi per un lay-up, il giocatore canadese di hockey su ghiaccio che è in me è uscito e l’ha messo col culo in terra con un cosiddetto ticky-tack, un fallo non estremo, tanto che se l’arbitro fosse stato meno fiscale il gioco avrebbe potuto continuare.” [Tommy Chong, Cheech & Chong: The Unauthorized Autobiography, 2009]
In più d’una occasione, e intendo scontri di gioco, contatti anche rudi ma non intenzionali, invece di fischiare fallo ai Belk l’arbitro potrebbe essere meno fiscale e consentire al gioco di continuare. In ogni caso, nel secondo e nel terzo quarto, i Belk prendono il volo e mettono a sedere gli avversari, imbastendo eccellenti azioni sia in attacco, sia in difesa. Miglior fortuna meriterebbero alcuni tiri di Rich e Tito, e un paio di entrate di Simo e Greg, ma noi tifosi non possiamo lamentarci: la vittoria, con oltre trenta punti di differenza, consente ai nostri ragazzi di agganciare nuovamente il Cornaredo in quarta posizione. Viva i Belk!