“La storia della pallacanestro italiana inizia in sordina. L’insegnante di ginnastica senese Ida Nomi Venerosi Pesciolini, senza aver mai visto una partita dal vivo, ne traduce il regolamento e lo presenta al Concorso Ginnico di Venezia del 1907 come «palla al cerchio, un gioco particolarmente adatto alle signorine».”
[Riccardo Valsecchi, The clutch – canestri e razzismo sotto pressione, in Nazione Indiana]

Poco meno di centovent’anni dopo, assistendo alla prestazione di Anita, non ci sentiamo di smentire la signorina Pesciolini. Il basket è sport in cui signorini e signorine possono competere alla pari. Quel che fa la differenza tra un giocatore e l’altro è la motivazione, l’impegno, l’intelligenza, la tecnica, l’estro, la preparazione, la determinazione, l’abilità, l’esperienza e lo stile.

Lo stile di Anita si apprezza nella sua capacità di difendere, di tenere l’uomo, di contrastarlo prima ancora che questi riceva la palla. Anita marca stretto, pressa, anticipa, sfida il giocatore avversario contenendone la prestanza fisica con lo sguardo, prima ancora che con mani e gambe.

La partita di ritorno contro i primi in classifica del girone, ricorda in qualche modo un assedio d’altri tempi. Un manipolo di disperati a difendere il Boccioni, come i francesi ad Orléans nel 1429, e i magentini nelle vesti degli inglesi a far piovere sassate e assaltar le mura. Anita si getta nella partita come Giovanna d’Arco nella battaglia.

La partita è andata più o meno così.

Primo quarto, concentrazione, intensità, determinazione da parte di entrambe le squadre. I nostri insistono per arrivare sotto canestro, i magentini provano anche con tiri da fuori non particolarmente precisi. Finisce 9 a 15 per gli ospiti, ma sarebbe potuta andare meglio.
Secondo quarto. Il capitano dei Neri mette dentro due triple in rapida successione e si prende la partita. Il parziale finisce con 15 punti di scarto; sul tabellone alla sirena di metà gara 12 – 33.
Terzo quarto: 13 punti di scarto ma sarebbe potuta andare peggio. I magentini capiscono che da fuori non siamo un pericolo e si mettono a zona; i varchi si chiudono appena uno dei nostri accenna ad entrare. Coraggiosamente, con la sabbia della clessidra che scende inesorabilmente, a turno qualcuno si prende la responsabilità del tiro. Invano.

A ruoli invertiti, invece, piovono triple – ben cinque a segno per il Magenta – e tiri da fuori area. Non sto a dire della successione dei canestri e relativo punteggio da qui in poi. La partita si regge su alcuni episodi di qualità che apparentemente bilanciano i molti errori (dei Belk, soprattutto).

Di Anita (2pt) ho detto. Di Seba (5pt) mi par di ricordare un gancio in uscita che beffa un paio di difensori. Di Tito un paio di discese in contropiede di cui una finita con un appoggio in terzo tempo poco calibrato e l’altra con fallo subito e tonfo plateale. Di Marco (2pt) che se avesse tirato di più, chissà…. Artù, Greg, Giulio, Nicocarbone, Tommi (2pt) e Piet (2pt) si avvicendano sul parquet con generose intenzioni ma scarsa fortuna. Teo (5pt) bene; sorprende sempre perché anche nelle avversità riesce a tirar fuori una certa autorevolezza. Capitan Uri, infine. 10 sudati punti a referto per lui e un gesto atletico che lascia gli avversari basiti. Non ho parole per descriverlo. Dico solo che lo schiaffo è risuonato in tutto il palazzetto. Per i dettagli mi affido alla matita di Takeihiko Inoue.